Se le banche chiudono i rubinetti del credito e stagnano o crollano i prestiti alle piccole e piccolissime imprese, si rafforza sul mercato il ruolo delle fonti alternative di credito come il P2P lending, ossia il prestito erogato da privati a privati sul web attraverso piattaforme di social lending.
L’ultimo report trimestrale dell’Ufficio Studi di Confartigianato ha rivelato che i prestiti alle piccole imprese da parte degli istituti tradizionali segnano una “crescita zero” dopo un trend negativo che dura da sei anni e mezzo. Il motivo? Le banche attribuiscono alle microimprese una rischiosità aggiuntiva a parità di condizioni di bilancio. Ma è davvero così? In realtà un’analisi di Bankitalia ha spiegato che il criterio con cui operano le banche è del tutto arbitrario se consideriamo che:
1) la qualità dei prestiti concessi alle imprese è in aumento;
2) a fine 2017 una piccola impresa italiana registrava una quota di crediti deteriorati del 23,5% contro il 25,1% della media delle imprese;
3) il miglioramento degli NPL delle banche, che sono passati da 324 miliardi a 264 miliardi in un anno.
Stando a quanto emerso dal report citato, le porte delle banche restano chiuse a prescindere dal fatto che un’azienda sia molto o poco rischiosa, e la ripresa che non c’è è una scusa. Ciò dipende “solo dai bilanci degli istituti che, per raggiungere la capitalizzazione richiesta, devono fare ancora una lunga strada”. E se proprio decidono di erogare un prestito, a contare sarebbero le dimensioni. Se nel caso delle grandi imprese, infatti, i prestiti erano saliti del 3%, per le medie questi erano fermi, per le piccole registravano un misero 0,3% e per le microimprese erano in calo del 2,5%.
È in questo desolante contesto che il Peer-to-Peer lending è cresciuto, con un aumento del 74% di richieste di credito e un erogato da inception delle piattaforme italiane pari a 768 milioni di euro (dati a giugno 2018), e punta a superare il miliardo entro la fine dell’anno.